Maiô para uma sociedade à deriva

Swimsuit for an adrift society

giovedì 10 aprile 2014

Assurdo

"Ascolto e mi sento dettare un mondo congelato in perdita d'equilibrio, sotto una luce debole e calma e niente di più, sufficiente per vedere, capite, e congelata anch'essa. E sento mormorare che tutto si flette e cede, come sotto dei pesi, ma qui non ci sono pesi, e anche il suolo, inadatto a reggere, e anche la luce, verso una fine che sembra non debba mai esserci. Perché che fine può esserci a queste solitudini in cui non ci fu mai vero chiarore, né verticalità, né solida base, ma sempre queste cose pencolanti, slittanti in un franare senza fine, sotto un cielo senza memoria di mattino né speranza di sera. Queste cose, quali cose, venute da dove, fatte di che? E sembra che qui nulla si muova, né mai si sia mosso, né mai si muoverà, salvo io, che non mi muovo neanch'io quando sono qui, bensì osservo e mi mostro. Sì, è un mondo finito, malgrado le apparenze, è la sua fine che lo ha suscitato, è finendo che è cominciato, è abbastanza chiaro? E anch'io sono finito, quando ci sono, gli occhi mi si chiudono, le mie sofferenze cessano e io finisco, piegato come non possono esserlo i viventi."

Samuel Beckett




Martedì sera abbiamo affrontato di nuovo il tema della quotidianità.
Abbiamo riportato i nostri oggetti simbolo del quotidiano e riproposto le nostre scenette.
Però, mentre la prima volta lo abbiamo fatto singolarmente, questa volta eravamo tutti sul "palco". Ognuno di noi aveva una seggiola alle spalle e seduti a terra abbiamo mimato le nostre giornate.
Ad un certo punto ci siamo tutti messi sulle sedie e come in un Gioca Jouer speciale abbiamo iniziato una sequenza di gesti:
Dormire
svegliarsi
stirarsi
bere il caffè
lavarsi i denti
guidare
lavorare
mangiare
lavorare
guidare
mangiare
dormire.
Tutti insieme, in perfetta sincronia. Sempre più velocemente.
E a turno, ognuno di noi si fermava di colpo, si alzava, e parlava. Parlava ed esprimeva i suoi pensieri in merito alla parola "quotidiano", senza poterla mai pronunciare. Nel bene o nel male. Dopodiché ritornava al posto e riprendeva la sequenza di azioni.

Poi abbiamo studiato delle scene teatrali. C'erano ancora Vladimiro ed Estragone. C'era un personaggio nuovo: Krapp. 
Erano davvero strane. E ridicole.
C'erano delle banane, dei cappelli e delle scarpe. Sedano e carote.
Abbiamo interpretato delle scene divertenti e assurde. 
Il teatro dell'assurdo è veramente assurdo.

Però ancora mi sto chiedendo se è più assurdo fissare un albero 
e fermarsi di colpo a cantare a squarciagola
e bloccarsi a fissare il vuoto con una banana in bocca 
o vedere tante persone che compiono sempre i medesimi gesti e li ripetono, di continuo, sempre più velocemente, quasi ogni giorno.



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